Sospeso in attesa di giudizio. Dopo 23 anni di collaborazione quotidiana a La Stampa, sul suo futuro decide il tribunale

Speciale per Senza Bavaglio
Guglielmo Olivero
Savona, 3 settembre 2017

Ho iniziato a collaborare a La Stampa nel febbraio del 1991, per occuparmi di una rinnovata pagina sportiva regionale e di cronaca locale. E nel 2014 mi vedo sospendere dalle collaborazioni.

Ma partiamo dall’inizio. Mi chiamo Guglielmo Olivero, sono nato ad Alassio, dove ho studiato fino a laurearmi in Giurisprudenza all’Università di Genova.
Ho cominciato a collaborare a La Stampa nel febbraio del 1991, per scrivere di sport regionale e della cronaca di Albenga, dove intanto ero andato ad abitare, ancora con i miei genitori.

Dal 1991 al 1996, quando i cellulari erano ancora un’eccezione, il lavoro era praticamente no-stop dalle 9 alle 23, nelle diverse settimane nelle quali lavoravo nella redazione di Albenga allo stesso tempo dovevo coprire le pagine sportive.

Poi dal 1996, salvo qualche sostituzione, sono sempre stato a Savona dove mi occupavo in pratica di tutte le discipline sportive, avendo come capo servizio Roberto Baglietto e responsabile delle cronache liguri Sandro Chiaramonti.

In diverse circostanze, dal 1998 in poi, ho fatto richiesta almeno di un contrattino di corrispondenza, ma non ho mai avuto risposta. E del resto non avevo scelta, rimanevo a La Stampa perché con tutti i pezzi che scrivevo, arrivava a fine mese un bello stipendio. Diciamo che la vita è proceduta così anno dopo anno, mese dopo mese: il fatto di dover lavorare, e molto, sabato e domenica ha inciso parecchio anche sulla mia vita privata.

Sul finire dell’estate 2014 è arrivata la notizia della fusione tra La Stampa ed il Secolo XIX che ha fatto scattare l’urgenza – considerato le voci che giravano su una drastica riduzione di organico – di una azione legale.

Nel momento in cui è stata inviata la lettera da parte del mio avvocato, è arrivata l’immediata sospensione dalle collaborazioni. Non avendo ricevuto  mai una comunicazione scritta ho dovuto continuare a pagare anche un prestito, in quanto questo poteva essere estinto, coperto da assicurazione, con una lettera scritta dell’azienda in caso di licenziamento.
I danni morali sono stati indescrivibili, e ho anche dovuto ricorrere ad una psicologa di Savona, che ha scritto una perizia, depositata come prova, sulle mie condizioni di salute.

La causa di lavoro è iniziata in pratica soltanto l’anno scorso perché al Tribunale di Savona mancava un giudice. Nelle udienze con il magistrato, i faldoni e le prove con testimoni, nonostante fossero cospicui, non sono stati sufficienti e ora, il 12 settembre, si va alla discussione per il reintegro. Poi dovrà essere la volta delle udienze relative a una somma che dovrei percepire.

Guglielmo Olivero
oligulli@libero.it

 

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